Autore: Luigi (---.fastres.net)
Data: 06-11-03 10:35
Definizione di Meridiano Centrale:
Linea immaginaria che biseca il disco passando per i poli. La longitudine del MC in un determinato momento, calcolata come descritto nella pagina relativa, individua su una mappa areografica quali regioni sono visibili.
Questo è il metodo di calcolo delle latitudini limitato al Meridiano Centrale:
Definizione di Latitudine
Abbiamo accennato alla differenza tra la latitudine 'grafica' e quella 'planetocentrica'.
Piu' precisamente, detto s il rapporto tra il diametro equatoriale e quello polare, se Fg e Fc sono le latitudini rispettivamente grafica e centrica, sussiste la relazione
tg Fg = s² (tg Fc) (1)
Per Marte (s =1.005) su cui la differenza massima in latitudine risulta di 0.3°, la discrepanza puo' essere ignorata. Invece per Giove (s = 1.07) e Saturno (s =1.12) la differenza raggiunge valori sensibili (rispettivamente 3.8 e 6.5°), ed ogni osservazione va riportata specificando chiaramente a quale definizione di latitudine si fa riferimento.
Misurazione grafica
Allo scopo di semplificare calcoli e procedure, tali misure si eseguono solitamente quando i dettagli transitano al Meridiano Centrale, portati dalla rotazione del pianeta. In questo modo, tutto viene ricondotto alla determinazione di tre quantita': il semidiametro polare apparente r, la distanza del dettaglio dal centro apparente del disco y, espresse nelle stesse unita' di misura, e l' inclinazione B dell' asse polare verso la Terra (latitudine del centro del disco planetario, ovvero latitudine planetocentrica della terra, spesso indicata come Dt) che si desume da un Almanacco astronomico.
Si noti che r e' un valore assoluto, mentre y assume segno positivo se il dettaglio si trova a nord del centro del pianeta, negativo se a sud; anche B ha segno.
La formula (di Crommelin) per ricavare la latitudine centrica e':
tg Fc = (1 / s) tg ( arctg (s*(tg B) ) + arcsin (y / r) )
Applicando la formula (1) si puo' poi ricavare la latitudine planetografica, che e' quella tradizionalmente piu' usata per Giove e Saturno.
Nel caso di Marte, come si e' visto, lo schiacciamento e' praticamente nullo, e dunque (s circa 1) la formula si semplifica nella seguente:
tg Fc = tg ( B + arcsin (y / r) )
Il passaggio alle latitudini grafiche e' superfluo, poiche' in questo caso e' consolidato l' uso di quelle centriche.
Vediamo ora di descrivere i vari metodi per ricavare i valori di y e r. Quello piu' immediato e diretto, con il micrometro filare, un accessorio validissimo ma purtroppo di difficile reperimento, puo' sembrare molto preciso ma, in realta', ha i suoi svantaggi: il moto orario del telescopio deve essere perfetto; se il dettaglio e' poco visibile tende a "scomparire" quando gli viene sovrapposto il filo di misurazione; il seeing non deve far oscillare l' immagine; l' irraggiamento impedisce un facile posizionamento del filo di riferimento al bordo Nord e Sud del pianeta.
Dopo aver misurato la distanza del dettaglio dai bordi Nord (DN) e Sud (sDS), s e r si deducono dalle formule
y = (DN - DS) / 2
r = (DN + DS) / 2
Un metodo che si affida alla stima visuale ma che puo' essere usato con profitto solo su Giove e' quello cosiddetto "delle frazioni" ideato dal Ruggieri. Esso consiste nello stimare lo spessore relativo delle varie bande e zone, assumendo come unita' di misura le bande o le zone stesse. Addizionando opportunamente gli spessori stimati si ricavano con facilita' r ed y in unita' omogenee per ciascuna fascia.
Per illustrare il procedimento, supponiamo ad esempio che Giove mostri le due bande equatoriali (NEB e SEB) e la regione polare Sud con confini netti. Si puo' allora dividere il diametro polare in tre zone:
a) dal polo Sud al limite Sud della SEB;
b) da questo al limite N della NEB;
c) da questo al polo Nord.
Osservando gli spessori delle tre zone, si osserva che gli ultimi due paiono uguali. Essi vengono posti uguali a 1. La prima zona e' invece piu' estesa, e rispetto alle altre il suo spessore e' stimato 1,2. Questo intervallo puo' essere a sua volta ulteriormente suddiviso lungo il confine della regione polare ottenendo una fascia larga 1 ed un'altra larga 1,4. La zona (b), a sua volta, puo' essere suddivisa in tre parti (b1, b2, b3) lungo i confini delle bande, di spessore rispettivamente 1,15-1,35-1. Si aggiunge poi ancora una stima del centro, che appare posto a 0,7 dal limite Nord della regione (b2).
E' chiaro, a questo punto, che semplici proporzioni consentono di ricavare agevolmente le larghezze delle varie regioni, in modo da utilizzarle per eseguire un disegno particolarmente preciso. Si noti che la stima del centro serve come parametro di controllo, poiche', effettuate le opportune riduzioni, esso deve risultare sufficientemente vicino al reale centro del disco.
Nella sua semplicita' questo metodo da' risultati discretamente precisi, specialmente se le stime vengono eseguite piu' volte secondo suddivisioni differenti. Il posizionamento delle bande sul disegno e' sicuramente migliore di quanto si potrebbe ottenere "a occhio", e cio' costutuisce un'ottima premessa alla consuetudine di ricavare le latitudini misurando direttamente i disegni, procedura consueta in ambito amatoriale. La misura del disegno con un semplice righello millimetrato permette di ottenere direttamente y (ed r), e di applicare le formule citate. Se l' osservatore possiede un' adeguata esperienza, puo' ottenere una precisione non molto inferiore rispetto al micrometro filare.
I disegni devono essere quanto piu' accurati possibile, avendo cura di evitare, ad esempio, la tendenza a raggruppare i dettagli presso il bordo, o verso il centro, o a tracciarli esageratamente piccoli o grandi. Le latitudini che si ricavano da un singolo disegno possono essere affette da un ampio margine di errore, ma un opportuno trattamento statistico di molti dati consente di ottenere valori significativi.
Evidentemente y ed r, come qualunque altra misura di posizione, possono essere ricavati da fotografie o immagini riprese da telecamera CCD; i vantaggi sono evidenti, perche' la procedura di misurazione e' oggettiva e ripetibile, ma l' immagine dev' essere di buona qualita', e soprattutto deve presentare in modo ben visibile il bordo del disco, notevolmente oscurato nel caso dei pianeti gassosi. Per quanto riguarda le immagini digitali e' facile risolvere il problema nel contesto delle tecniche di elaborazione di cui il sistema e' dotato. Quanto alla fotografia, senza voler considerare le piu' complesse tecniche di mascheramento in camera oscura, conviene disporre di un' immagine leggermente sovraesposta, ottenuta con lo stesso sistema ottico e all' incirca contemporanea all 'immagine che si vuol misurare. In alternativa e' necessario calibrare il sistema ottico mediante la ripresa di una stella doppia di separazione adeguata e nota, cosa che permettera' di risalire alle effettive dimensioni del disco planetario fotografato. Non e' il caso comunque di pensare che, solo per il fatto di disporre di immagini manipolabili, le misure siano immediate e sicure. In realta' l' incertezza delle misure rimane (si pensi ad esempio agli evanescenti confini delle bande di Saturno) e trarre il miglior profitto dal materiale in questione presuppone un lavoro di riduzione dati complesso e delicato.
Ciao Serafix!
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