Autore: URANIA (194.243.137.---)
Data: 11-18-04 10:56
Carissimi,
Il punto della settimana è finalizzato al mercato degli strumenti e della accessoristica astronomica in Italia.
Argomento più volte trattato nelle pagine del Forum, ma che riscute sempre intereresse da parte di tutti noi.
Come abbiamo più volte analizzzato il mercato italiano dell'astronomia è poca cosa rispetto al grande mercato statunitense che assorbe circa l'80 per cento della produzione realizzata in situ.
La celestron, la meade, la televue, l'astrophisics, la TEC, la Stellarvue ed altre marche americane traggono gran parte del loro profitto dal mercato interno, ovvero dagli astrofili americani.
Il mercato estero, quello europeo, è in grado di assorbire dal 20 al 30 per cento della produzione americana la quale, peraltro, si divide in due grandi settori: l'ottica e la strumentazione di grande livello e quella commerciale, ovvero la Celestron e la Meade che ben conosciamo.
Come è noto gli americani prediliggono spendere i loro dollari nel loro prodotto nazionale, cosa che faremmo anche noi qualora avessimo avuto in Italia delle realtà come quella statunitense.
Ma anche se ciò fosse stato possibile, probabilmente, come è accaduto per la Salmoiraghi e la Galileo, non avrebbero potuto sorreggere alla concorrenza americana e cinese di oggi:i costi industriali e della manodopera specializzata e della rete commerciale sarebbero stati troppo onerosi a fronte di un mercato che non è in grado di assorbire una produzione tale da giustificare la sua esistenza.
Gli americani hanno dalla loro parte la fortuna di essere un continente e quindi, come avviene peril mercato della Difesa, può contare sul proprio mercato interno e quindi garantirsi la propria sopravivenza, anche sè i giapponesi della Vixen e della Takahashi "rosicchiano" delle fette di mercato che, al momento, non mettono in crisi il mercato interno statunitense.
Passiamo ora all'Europa: qual'è lo spaccato che ci si pone innanzi?
Da quel poco che conoscono ci sono diverse ditte importatrici sia dagli USA che dal Giappone e da Taiwan.
Alcuni di questi importatori europei a loro volta distribuiscono ad altre ditte presenti sul mercato europeo i cui prodotti sono venduti in base ad un "cartello" made in Europe!
I distributori presenti nei vari paesi della Comunità adottano a loro volta un proprio cartello a seconda del mercato interno in cui operano e quindi determinano o quantomeno condizionano il prezzo dell'oggetto venduto al dettaglio dal negoziante.
naturalmente tutti questi passaggi hanno dei costi, che non sono ovviamente i costi pagati all'origine, ovvero l'account che è stato versato dall'importatore o dagli importatori europei alla fabbrica.
Il punto quindi è quello di esaminare il loro margine di profitto ed anche quello del dettagliante il quale, come ha scritto il nostro Horus, al secolo Maurizio Favi, si deve accontentare di un margine di guadagno quasi irrisorio.
Diverso, ma solo in parte, può essere il discorso relativo all'importatore "diretto" il quale by passa il "cartello" europeo e quindi ha maggiore margine di guadagno.
Ma anche in quest'ultimo caso ci sono delle condizioni: l'importatore diretto deve garantire al fabbricante l'acquisto di un certo quantitativo di "pezzi" al fine di ottenere un congruo sconto.
A loro volta questi "pezzi" devono essere venduti sul mercato interno il quale deve, teoricamente, garantire il loro assorbimento, ovvero l'acquisto da parte dell'astrofilo.
Spesso, come accade, la domanda non è in grado di soddisfare l'offerta, sia per carenza della matria prima, ovvero l'acquirente e sia per il costo elevato del prodotto!
Anche quì bisogna analizzare di quale prodotto si parla: commerciale o di nicchia?
Sappiamo benissimo che molti appassionati del cielo, soprattutto gli iniziati alla scienza dei cieli, non dispongono di grandi cifre e quindi si orientano verso prodotti più commerciali.
Diversamente è l'astrofilo maturo il quale propende verso un prodotto di qualità a costi accessibili.
E' quì iniziano le dolenti note: questi prodotti non vanno via come il pane, tutt'altro!
Il mercato italiano non è in grado di assorbire un quantità tale di prodotti di elevata qualità al punto di condizionare, in positivo per l'acquirente, il "cartello" imposto dagli importatori e dai distribbutori fino al dettagliante.
A questo dato bisogna aggiungerci che gi importatori siano essi diretti o meno, adottano una politica commerciale basata essenzialmente sul profitto pari ad un ricarico di oltre il 50 per cento del costo del prodotto all'origine.
Ecco quindi che negli Stati Uniti taluni prodotti costano meno, ma che tuttavia bisogna aggiungerci i costi di spedizione, trasporto e di dazio
che alla fine dei conti lasciano, a seconda dei casi, un buon margine di convenienza per l'acquirente.
A riguardo vorrei anche sottolineare un'altro aspetto che riguiarda la commercializzazione dei prodotti astronomici: le montature!
Vi siate domamdati perchè le montature "made in Italy" costano così tanto?
Eppure non dovrebbero, ma i fabbricanti nostrani hanno anche loro concordato di fare "cartello", ovvero di adeguare il costo di una loro montatura prendendo come base il costo di una montatura dell ' Astrophisics in Italia, offrendola sul mercato ad un costo inferiore che oscilla dal 10 al 20 per cento 20.
Perchè accade?
La risposta è duplice: la prima e che il mercato italiano non è in grado di garantire una adeguata risposta all'offerta; la seconda risposta, a mio parere quella determinante, che alla base c'è l'ottica del grande profitto in quanto, la gran parte di questi artigiani, producono anche altri manufatti che garantiscono loro un significativo portafoglio economico.
In altri termini, la produzione di queste montature per alcuni è solo una diversificazione della loro principale produzione e conseguentemente applicano un cartello di prezzi a loro favorevole: se vuoi acquistare il mio prodotto lo devi pagare quanto ho stabilito io e non il mercato!
Come accade per le montature di un certo prestigio, ciò accade anche per gli strumenti blasonati che, pur costando meno all'origine, applicano un loro cartello lungi da essere competitivo con quello statunitense.
A loro favore c'è da dire, come ho accennato in precedenza, che il mercato italiano è povero, ossia non possiede i grandi numeri di quello amercano, ma ciò non significa che non si possa adottare una politica commerciale meno "individualistica" da parte dell'importatore, del distribbutore ed anche da parte del dettagliante!
Concludendo la mia impressione è quella che i cinesi tra poco invaderanno il mercato con dei prodotti di buona fattura a costi talmente competitivi che i signori del cartello europeo e nazionali dovranno necessariamente correre ai ripari e forse sarà la volta buona che potremo acquistare un prodotto il cui costo-qualità sarà finalmente accettabile e sostenibile dai nostri portafogli !
saluti
antonio
In real
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