Autore: Turra Alberto
Data: 09-06-03 18:28
Allegato: Figura.jpg (41k)
I sensori CCD sono costituiti da una "scacchiera" di minuscoli
cristallini (pixels, da "PICture ELement", vedi figura) che hanno la
proprietà di emettere elettroni se vengono colpiti dalla luce (in
generale da radiazioni elettromagnetiche). Più luce colpisce un
cristallino, più elettroni esso "emetterà" (si tratta di elettroni
rilasciati dagli orbitali esterni degli atomi del cristallo, a cui
erano debolmente legati). I cristallini sono schierati in numero molto
variabile, a seconda della dimensione del CCD: possono essere disposti
in rettangoli di lato 320 x 240 pixels, per esempio, o 1024 x 768.
Noterà che si tratta di potenze di 2, essendo necessario gestirli con
circuiti che operano col codice binario ("on - off").
È fondamentale, per ottenere immagini realistiche, che i pixel abbiano
le dimensioni più piccole possibili, meglio se sotto i 10 µm (micrometri,
cioè milionesimi di metro: un capello ha diametro di circa 20 µm). Infatti
le tradizionali pellicole fotografiche hanno "cristalli" di dimensioni
molecolari, cioè ESTREMAMENTE più piccole di un µm... per questo la
fotografia su pellicola non scomparirà presto!!! Il "difettuccio" delle
pellicole, però, sta nella sensibilità più bassa se confrontata coi
moderni CCD. L'efficienza della pellicola è cioè minore di un CCD.
Perciò sono necessarie pose più lunghe per riprendere lo stesso soggetto.
L'efficienza di un sensore si valuta in base al numero di fotoni
necessari al cristallino per emettere un certo numero prefissato di
elettroni (chiaramente si tratta di misure statistiche). Più fotoni
(quindi più luce) servono per emettere un elettrone, MENO sensibile
è il sensore, e viceversa.
Gli elettroni emessi da questa scacchiera di cristalli vengono rilevati
e raccolti dai circuiti della fotocamera: poichè in genere si tratta di
pochi elettroni, essi vengono "moltiplicati" per mezzo di circuiti detti
"amplificatori".
A questo punto, entra in campo la conversione A/D, cioè da Analogico a
Digitale: il numero di elettroni proveniente dai singoli pixel viene
suddiviso in livelli. Più livelli vengono stabiliti dal convertitore A/D,
più gradi di luminosità potranno essere rappresentati nell'immagine
finale. Poichè si tratta di ciruiti che lavorano col sistema binario,
"acceso o spento", i livelli di luminosità sono di solito una potenza di
2; per esempio 256 sfumature (2 alla 8), oppure 65'536 (2 alla 16, e sono
già immagini molto realistiche), e oltre: 16'777'216 (2 alla 24) dà una
gradazione di sfumature ECCELLENTE. Questo riferendosi sempre alla
luminosità assoluta, senza distinguere tra i colori. Se invece vogliamo
che l'immagine sia a colori, dovremo rinunciare ad alcuni livelli: se
dobbiamo disporre di 256 livelli per il verde, 256 per il blu e 256 per
il rosso, otterremo ancora 16'777'216 tonalità (256 alla 3), ma non
assolute, bensì vincolate ai colori!
Nella fotografia astronomica, il sensore CCD contenuto nelle fotocamere
digitali viene posto sul piano focale del telescopio, in modo che
l'immagine inquadrata da esso sia proiettata sul CCD. Come ha scritto
Alfonso nel forum, i sensori possono essere ricoperti con dei filtri a
matrice colorata: in questo modo, se ingrandissimo al microscopio la
superficie del sensore, vedremo (figura) dei gruppi di 4 pixels, su
cui sono posti 3 o 4 filtri per ciascun colore fondamentale (il quarto
pixel può essere coperto dal verde - a cui l'occhio umano è più sensibile
di notte - oppure non essere affatto coperto).
I sensori in "bianco e nero" non hanno alcun filtro. Di norma danno
immagini più definite, in quanto si sfruttano al massimo i livelli di
luminosità dei pixel. Fino a pochi anni fa per ottenere foto a colori
con sensori in "bianco e nero" si usava la "tricromìa": si riprendevano
3 immagini dello stesso soggetto, una con un filtro di colore verde,
un'altra col blu, la terza col rosso (la sequenza è indifferente). Le
tre immagini andavano poi "ricomposte" al computer tramite programmi di
fotoritocco (es. Paint Shop Pro).
Va detto che un recente tipo di sensore, detto "Foveon" (la fovea è una
regione della retina nel bulbo oculare), è costituito da 3 strati
sovrapposti di cristallini, ciascuno dei quali è trasparente solo per un
certo colore; in questo modo un singolo pixel (composto quindi da una pila
di 3 cristallini) registra contemporaneamente i 3 colori fondamentali.
Il sistema però necessita ancora di qualche miglioramento.
Il fatto che molte fotocamere digitali di recente produzione NON siano
adatte a riprese astrofotografiche è dovuto all'eccessivo "rumore
elettrico di fondo" che producono, cioè a disturbi causati dai circuiti
stessi della fotocamera durante la ripresa (non percepibili nelle foto
normali, in piena luce) che si presentano come un gran numero di pixel
disposti "casualmente" (in realtà alcuni son proprio difettosi) e con
colori sfalsati rispetto all'immagine reale.
Grazie per l'attenzione!
Turra Alberto
Invia modifica (10-02-05 01:50)
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