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 Il sensore Foveon
Autore: Turra Alberto 
Data:   09-08-03 19:51
Allegato:  Foveon.jpg (25k)

In un precedente intervento nel messaggio "domanda: CCD" avevo accennato alla sua recente introduzione in commercio. Si tratta di un sensore che simula una caratteristica della tradizionale pellicola fotochimica (costituita in molti casi da 3 strati fotosensibili ai 3 colori fondamentali, rosso, verde e blu) e della tecnica di ripresa CCD in tricromìa: può infatti rilevare i tre colori primari della luce contemporaneamente da ciascun singolo pixel (vedasi la figura), anzichè, come avviene nei CCD e nei CMOS e come si era già visto nel messaggio precedente, percepirli distribuiti in gruppi da quattro pixels, con un solo colore per ciascuno. Questi ultimi, come già detto, utilizzano infatti gruppi di 3 o 4 filtri, uno per ciascun colore RGB o CMYG a seconda del costruttore (e come accennato nel post citato, il pixel restante può essere un duplicato del verde, oppure senza filtro, ed in tal caso viene usato dalla fotocamera per misure esposimetriche, per la messa a fuoco, od altre regolazioni come il bilanciamento del bianco). Gli elettroni rilasciati dai quattro pixels adiacenti, per trasformarsi in immagini dai colori "naturali", devono poi subire un’interpolazione complessa che si traduce in una "media" fra i valori forniti nei singoli componenti del rosso, verde e blu. La resa cromatica è poco verosimile, anche se l'occhio umano la può percepire come tale.

Nel Foveon, invece, la luce attraversa un mosaico di 3 strati di pixels, costituiti così da 3 celle ciascuno (da cui il nome commerciale "Foveon 3X") e i dati non vengono subito interpolati, ma solo trasmessi ai circuiti della fotocamera, senza elaborazioni. In questo modo è possibile tenere sotto controllo anche i disturbi elettrici spuri altrimenti generato dai circuiti di interpolazione. Un Foveon da 3 Megapixels genera così un file immagine ricchissimo, da 20 Megabytes. Questo risultato è dovuto al fatto che le lunghezze d’onda della tricromia RGB penetrano nel silicio a profondità diverse, consentendo al singolo pixel (inteso come pila di 3 cristalli) di rilevare i tre colori insieme, ciascuno su un differente strato.

Il fenomeno del diverso livello di penetrazione dipende dal fatto che le radiazioni elettromagnetiche a maggior lunghezza d' onda (e minor frequenza, come il rosso) possono attraversare indisturbate la materia per distanze maggiori di quelle a corta lunghezza d'onda (e maggior frequenza come il blu); questo è dovuto ad una minor interazione con le strutture reticolari costituite dagli atomi. Infatti, le onde radio possono attraversare anche le pareti di un edificio, ma la luce no. Per questo motivo, lo strato più profondo del sensore è quello sensibile al rosso, l'intermedio è sensibile al verde, mentre il più superficiale al blu. Questa disposizione è vantaggiosa anche perchè in generale la sensibilità dei pixel alla radiazione rossa ed infrarossa - in molti - casi è un po' superiore che per gli altri colori.

Un complemento ideale ad un sensore del genere, per poter costituire un avanzato sistema di "digital imaging", potrebbe essere uno schermo LCD a tre pannelli RGB sovrapposti, utilizzati finora solo in alcuni videoproiettori; oppure, un monitor ad OLED (Organic Light Emitter Diode), cioè costituito da pixels fotoemettitori attivi, che siano ovviamente impilati.
Infatti, nella maggioranza dei monitor CRT televisivi o per computers, i pixels vengono realizzati mediante affiancamento (e non sovrapposizione) di fosfori che emettono i colori RGB. Nel caso dei comuni display LCD, le celle di cristalli liquidi sono rivestite di filtri affiancati trasparenti agli stessi colori.

Nella ripresa di immagini astronomiche, il "rumore" elettrico di fondo è generato anche dal riscaldamento dei circuiti, che può essere ridotto mediante l'impiego di celle ad effetto Peltier, particolari piastre a giunzione bimetallica che se sottoposte al passaggio di corrente continua riescono a stabilire un gradiente di temperatura tra le due facce, sottraendo calore ad una superficie (che si raffredda ed è pertanto applicata alla fotocamera) e trasferendolo alla faccia opposta (su cui può essere montato un dissipatore e/o una ventola, per aumentare l'efficienza del raffreddamento).

La ditta Foveon è stata creata nel 1997 da Carver Mead, professore al California Institute of Technology e pioniere nella progettazione elettronica a stato solido e VLSI (Very Large Scale Integration). Fin dai suoi inizi la compagnia si è dedicata alle tecnologie per la fotografia digitale e nel settembre 2000 annunciò il primo sensore da 16,8 milioni di pixel, la più elevata risoluzione mai raggiunta con un sensore CMOS.

Il primo produttore di fotocamere ad impiegare il Foveon 3X è la giapponese Sigma, che nel 2002 ha presentato la reflex digitale "SD9". La fotocamera, commercializzata in Italia dalla Mamiya Tradings da Gennaio 2002, monta un sensore da 3,54 milioni di pixel, che produce una immagine da 2268x1512 x 3 pixel (appunto perchè ciascuno è una "pila" di 3 cristalli). Possiede un visore LCD TFT a colori da 1,8 pollici, retroilluminato a led bianchi. L’innesto degli obiettivi è compatibile con le ottiche della casa. Costa dai 1'800 ai 1'990 euro.

Per approfondimenti, visitate: www.foveon.com



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 Re: Il sensore Foveon
Autore: Nico (---.dialup.tiscali.it)
Data:   09-09-03 10:15

Bhe sapevo già del foveon 3X,
è una delle notizie che mi ha + entusiasmato... aspettiamo che lo montino su una camera ccd astronomica!

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