Autore: Carlito Brigante (---.de.ibm.com)
Data: 11-28-05 12:56
Ciao Renzo,
certo, cambiando oculare è possibile "azzerare" il vantaggio della maggior luminosità.
Chiedo scusa in anticipo per usare le maiuscole, ma non posso usare il sottolineato per evidenziare i punti chiave.
Infatti, dicevo, a parità di oculare (i.e. di lunghezza focale).
Riassumiamo.
I fattori che determinano la luminosità DEL SOLO TUBO OTTICO di un telescopio sono:
- Lunghezza focale (f)
- Diametro (D).
Esiste un parametro che riassume, in un'unica quantità, la luminosità di uno strumento.
-Rapporto focale: f/D
il cui inverso è usato per definire la luminosità assoluta del solo tubo ottico.
Esempio: un 80/400 è detto essere un f/5 perché il diametro è pari alla focale divisa per 5. Più basso è il numero al denominatore e più è luminoso l'obiettivo.
Il telescopio, però, è un sistema ottico composto da tubo ottico ed oculare in cui anche l'oculare interviene a definirne la luminosità. Minore è la lunghezza focale dell'oculare, minore è la sua luminosità, e viceversa.
Prendendo due strumenti di rapporto focale diverso e usando due oculari diversi si produce la stessa pupilla di uscita, ovvero si portano otticamente gli strumenti allo stesso tasso di ingrandimento, ovvero stessa lunghezza focale "equivalente".
In altri termini, si introduce un'oculare che compensa la differenza di lunghezza focale.
Esempio pratico: un oculare da 20mm su uno strumento di 1000mm di lunghezza focale produce una configurazione ottica equivalente, in termini di ingrandimenti, ad uno da 10mm su strumento di lunghezza focale di 500mm (i.e. 50x).
A questo punto, AVENDO ALTERATO LA CONFIGURAZIONE OTTICA DEL TUBO OTTICO con un oculare meno luminoso che annulla la componente di maggior luminosità del tubo ottico dovuta alla lunghezza focale, è evidente che l'unico fattore che determina la luminosità è il diametro dell'ottica.
Il telescopio, per questo motivo, è sempre un compromesso tra luminosità ed ingrandimenti utilizzabili: aumentando gli ingrandimenti (per l'alta risoluzione ed il planetario) si perde in luminosità perché l'operazione è equivalente a diaframmare in chiusura ll tubo ottico. Questa operazione è ottima per il planetario, ma pessima per il deep-sky.
Viceversa, abbassando gli ingrandimenti si ottiene maggior luminosità perché l'operazione è otticamente equivalente a diaframmare in apertura. Soluzione ottima per il deep-sky, perché raccoglie più luce per unità di superficie ma pessima per il planetario, perché rende i pianeti piccolini.
La magnitudine limite è ingannevole perché esprime un parametro teorico che poco ha a che fare con l'occhio umano.
Mi spiego meglio:se uso uno strumento di magnitudine limite 11, qual'è l'effettiva luminosità percepita dall'occhio ? Questo è il problema.
E' ovvio che, a risorse illimitate, l'ottimo sarebbe uno strumento di 40cm di diametro, ma il diametro, sfortunatamente costa.
Meglio, quindi, OPTARE PER UN MINORE RAPPORTO DI APERTURA che, a parità di costo delle ottiche, consente di avere una maggiore luminosità, ma anche un minore ingrandimeto. Con l'accortezza di ricordare che i rifrattori non "di razza", a basso rapporto focale soffrono di aberrazione cromatica. Resta sempre il fatto, però, che con un minor rapporto focale si vedono più oggetti (ma anche più piccoli).
Quando sono passato dal Mak al rifrattore semiapo sono rimasto sorpreso: già in visuale, M13 si vede molto meglio sul piccolo 80mm che sul 105mm. Va da se che con galassie molto deboli e piccole (tipo ammasso in vergine), sotto un certo diametro non si può scendere.
Fermo restando che non c'è miglior compromesso di uno Schmidt-Cassegrain da 10'', per un astrofilo principiante, a mio avviso, non c'è miglior strumento di un piccolo rifrattorino ma ben corretto (tipo SemiApo), che consente di esplorare tutti gli oggetti di Messier (circa 100), parecchie doppie e di fare buone riprese per il planetario o, alternativamente, un Newtoniano a basso rapporto focale.
L'ho fatta lunga ...
Carlo
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